la cottura dei cibi

la cottura dei cibi

La cottura è un significativo aiuto energetico all’assorbimento di alcune sostanze necessarie.


Essa facilita la rottura delle strutture proteiche più complesse, facilitando il successiva processo digestivo gastro intestinale di rottura enzimatica della struttura primaria che libera i singoli aminoacidi, facilita la separazione delle catene di amilosio e di amilopectina presenti nell’amido rendendo possibile il successivo attacco enzimatico nello stomaco che conduce ai singoli zuccheri.


La cottura permette di mangiare –e quindi di assorbirne l’energia e i costituenti materiali- cibi che altrimenti non potrebbero far parte della nostra dieta, come i fagioli, ricchi di proteine e molto meno cari della carne o del pesce, ma che contengono una tossina che la cottura distrugge. Insomma da un punto di vista energetico, nel senso di aiuto all’assunzione di alcuni principi nutrizionali necessari, la cottura sembrerebbe essere davvero un’arma vincente.


Questo è vero eppure molti lo contestano, appoggiandosi ad argomenti di vario tipo. In realtà, come sempre capita quando si approfondiscono argomenti scientifici, le cose appaiono meno schematiche e per rispondere alle critiche che negano i vantaggi della cottura occorre andare più a fondo.


La prima cosa che dicono quelli che sono contrari alla cottura dei cibi è che con essa gli alimenti perdono peso e dunque hanno meno “materia” ed energia da offrire ai nostri stomaci. In effetti i cibi cotti pesano di meno di quelli crudi.


Ma l’obiezione non appare fondata. Infatti in genere con la cottura gli alimenti perdono molta acqua, che però non ha affatto contenuto calorico e quindi la perdita di peso è, almeno per questo caso, del tutto ininfluente ai fini dell’apporto energetico di un alimento.


Però abbiamo anche visto che, nell’arrostimento al barbecue, tanto per fare un esempio, una certa quantità di grassi fonde e cola via, facendosi strada fra le fibre proteiche. In questo caso si ha effettivamente una discreta perdita di valore nutrizionale perché perdiamo un po’ di materia grassa. Anche in questo caso però questa perdita viene, almeno in parte, compensata dalla maggiore bio disponibilità proteica che si ottiene con la cottura. In ogni caso la perdita di grassi nella cottura delle carni si può avere con l’arrostimento ma certamente non avviene con la frittura, dove invece la carne si impregna di olio o grasso nel quale frigge, fino a raddoppiarne il proprio contenuto totale. Con la bollitura i grassi della carne si sciolgono in buona parte nell’acqua e per poterli assorbire occorre… bersi il brodo!


Le modalità di cottura sono quindi fondamentali per determinare la biodisponibilità dei nutrienti e quindi il bilancio energetico vero fra un cibo mangiato crudo e lo stesso mangiato cotto. I vari cibi non rispondono allo stesso modo allo stesso tipo di cottura e quindi possono comportarsi differentemente in relazione a questo bilancio energetico o anche solo di massa, ovvero possono perdere ma anche acquistare peso durante la cottura. Prendiamo per esempio la perdita di acqua.


Nella bollitura la carne perde acqua e diminuisce di peso ma le patate invece l’assorbono e infatti una patata bollita pesa più di una patata cruda. Quando si parla di energia, in genere si fa riferimento alle calorie di quell’alimento.


Le calorie sono, tecnicamente, l’energia che quel cibo è in grado di liberare nell’ambiente quando (letteralmente) brucia del tutto.


Per misurare le calorie di qualunque cibo se ne prende una piccola ma ben pesata quantità, la si mette in un piccolo crogiuolo, si chiude il crogiuolo in un pentolone tipo pentola a pressione, si immette ossigeno puro e si brucia completamente il cibo nel crogiuolo servendosi di una resistenza elettrica fino a che il pezzetto di cibo non carbonizza del tutto.


Durante la combustione si misura di quanto si è scaldato l’intero pentolone (sono misure molto precise di calorimetria) e si determina così di conseguenza l’energia fornita dal cibo. Insomma si usa il cibo come un combustibile qualsiasi, lo si brucia con una bella fiammata e si misura quanto scalda l’ambiente. Il metodo è assolutamente scientifico e anche molto preciso ma non tiene conto, e questo è un punto fondamentale che spesso non si considera, della bio assorbibilità dell’alimento.


Se prendiamo un chicco di riso crudo e lo bruciamo, otterremo dalla misura calorimetrica un certo valore energetico, pari a quello fornito dai suoi costituenti, per lo più amido, nella combustione e lo esprimeremo in calorie.


Tuttavia se mangiamo quel chicco di riso crudo, siccome i nostri enzimi non sono in grado di risolvere i cristalli solidi e ben impacchettati di amido crudo, noi non riusciamo ad assorbirlo e quindi l’apporto calorico di quel chicco di riso sarà per noi prossimo a zero.

Se invece cuociamo quel chicco di riso, allora la gelificazione dell’amido ne renderà possibile l’attacco enzimatico nel tratto gastro intestinale e noi riusciremo a disporre di una certa quantità, pari praticamente a tutto l’amido di partenza, dell’energetico glucosio di cui è fatto l’amido.


Quindi anche se le calorie del chicco di riso crudo o cotto sono le stesse (il chicco cotto pesa di più perché ha assorbito molta acqua ma in una misura seria si sottrae il peso dell’acqua al peso totale) in realtà le calorie disponibili per il nostro organismo sono molto diverse a seconda che il chicco ce lo mangiamo crudo o cotto!


Ovviamente questo vale non solo per l’energia effettivamente biodisponibile ma anche per la materia: mangiando riso crudo non possiamo praticamente disporre di molecole di glucosio da immettere nel circolo sanguigno mentre mangiando riso bollito avremo a disposizione praticamente tutte le molecole di glucosio presenti nell’amido di partenza e il nostro tasso glicemico salirà di parecchio.

Sono due situazioni, come si può capire, decisamente differenti. E con questo abbiamo dato una bella “bastonata” all’uso sconsiderato delle famose tabelle delle calorie dei vari cibi che, lette senza un minimo di ragionamento, possono essere fuorvianti (un motivo di più per andare da un buon dietologo e non farsi la dieta da soli leggendosi magari qualche articolo pieno di fesserie su internet).


Così come ce le presentano, infatti, queste tabelle significano ben poco. Si dovrebbe infatti parlare di biodisponibilità, sia dei nutrienti materiali che dell’energia piuttosto che di energia totale presente nell’alimento, crudo o cotto, ma non esiste una misura univoca per farlo.


Quindi le calorie danno un’indicazione dell’energia totale che un cibo potrebbe fornire se esso potesse essere assorbito completamente, laddove l’assorbimento invece dipende da molti fattori, non ultimo dal modo di cuocerlo.


Dire inoltre che la cottura aumenta o diminuisce il contenuto energetico del cibo, così in generale e in assoluto, non ha alcun senso scientifico perché il risultato dipende dal cibo e dal modo di cottura.


Sembrerebbe una verità abbastanza piana e semplice da intendere ma non è così, perché in realtà, complici anche molti “esperti” da internet di diete, usando solo le tabelle delle calorie senza fare un discorso specifico sui vari cibi e sulla loro presentazione (crudo, cotto e se cotto come cotto e che solo un bravo dietologo o uno scienziato dell’alimentazione saprà farvi), la confusione regna sovrana.


Ad aggiungersi a questa generale confusione sul valore energetico dei cibi, da un po’ si è aggiunto il mito che la cottura rovina gli alimenti e che di conseguenza bisogna mangiarli crudi.


Si chiama crudismo. Nata qualche tempo fa negli Stati Uniti sulla scia di mode e atteggiamenti di alcuni “divi” del cinema, questa “teoria” (meglio sarebbe chiamarla mitologia o semplicemente cretineria) si è diffusa in tutto il mondo.


Del crudismo ci occuperemo in un prossimo capitolo, limitandoci qui a sottolineare che, se a volte è meglio mangiare alcuni cibi crudi, per esempio per assorbirne le vitamine (chi si sognerebbe di bersi un succo di limone o di arancia appena bollito?), farne una filosofia di vita valida sempre per tutti i cibi e i metodi di cottura è a-scientifico oltre che stupido.