arrosti pericolosi

Arrosti pericolosi

Esaminando la cottura alla brace delle carni siamo incappati in un fenomeno che ha un alto potenziale di rischio per la nostra salute.

Abbiamo visto che a una certa temperatura il grasso presente nella carne fonde, si fa strada fra le fibre muscolari e cola direttamente sui carboni ardenti (ma una piastra rovente fa lo stesso lavoro).

A quella temperatura i composti presenti nel grasso, che di per sé non sono pericolosi, subiscono trasformazioni chimiche importanti, perché la temperatura è molto alta.

Fra le reazioni più facili che si innestano nei composti organici ad alta temperatura, c'é l'ossidazione, ovvero la reazione di queste molecole con l'ossigeno dell'aria.

Quando invece l'ossigeno è carente, come può capitare nei pressi di un pezzetto di carbonella rovente o sulla piastra della bistecchiera fra il pezzo di carne e il metallo, allora avvengono altre reazioni chimiche.

I prodotti organici tendono infatti a ricombinarsi perdendo atomi di idrogeno e formando una serie molto complessa di composti che i chimici hanno chiamato IPA, ovvero idrocarburi policiclici aromatici.

In questo caso "aromatico" non indica un profumo ma sta a significare che la perdita di atomi di idrogeno comporta un riassestamento dell'intera molecola in un modo particolare nel quale si formano dei composti a piccola catena, cinque o sei atomi di carbonio, che immediatamente si chiudono su se stessi ad anello, formando dunque molecole a forma di esagono (a volte di pentagono), in cui gli atomi di carbonio, non essendoci tutti gli atomi di idrogeno necessari a "saturare" gli atomi di carbonio, si legano fra di loro in modo ancora più forte con un legame che si chiama, appunto "aromatico".

Questi anellini esagonali (o più raramente pentagonali) si attaccano gli uni agli altri, proprio come mattonelle di un pavimento e formano dei complessi di 5, 6, o anche molto più grandi di singole unità esagonali. Questi sono gli IPA.

Essendo altissima la possibilità di combinare fra loro queste mattonelle, aggiungendone o togliendone qualcuna, legandole fra di loro in fila con un solo lato in comune oppure con due lati in comune o anche incastrandone fra di loro in modo più complesso, questi IPA possono essere tantissimi ed infatti formano una classe di composti. Quando ci sono le condizioni adatte, di IPA se ne formano non no o qualcuno, ma centinaia.

Per esempio: nel fumo di tabacco se ne trovano circa duecento, nel particolato atmosferico se ne trovano più di un centinaio, su una crosta scura di carne arrosto ne possiamo trovare moltissime.

Quando il grasso cola sui carboni ardenti o sull'acciaio rovente di una bistecchiera, scattano proprio queste reazioni di "condensazione" fra esagoni di carbonio e si formano gli IPA.

Questi IPA sono una parte importante del fumo che si vede quando una goccia di grasso finisce su una superficie molto calda.

Se a questo punto queste molecole se ne andassero in cielo o restassero attaccate ai carboni o alla bistecchiera, non ci sarebbe problema, almeno per chi si deve mangiare la bistecca (in realtà prima o poi questi IPA da qualche parte finirebbero e ce li ritroveremmo fra gli inquinanti ambientali).

Se invece nel loro tragitto verso il cielo incontrano la fettina di carne (o la salsiccia o il pesce o quello che volete) sulla grata del barbecue o sulla bistecchiera, c’è poco da fare, ci si attaccano.

E così la carne arrostendo (male) si impregna di questi IPA. Questo, in grandi linee, è la serie di meccanismi che danno origine agli IPA presenti nelle carni arrostite (male).

Gli IPA rappresentano un rischio per la salute perché possono innescare nelle cellule reazioni biochimiche molto complicate che portano a mutazioni genetiche e all’avvio di meccanismi che alla fine conducono a degenerazione cancerosa.

Insomma questi composti sono mutageni e cancerogeni.

Non tutti gli IPA presentano lo stesso grado di cancerogenicità o di mutagenicità ma, proprio perché in genere l'esposizione non è relativa ad un singolo IPA ma a una loro, peraltro variabilissima, combinazione, è difficile misurare la cancerogenicità di un'esposizione generica agli IPA.

Per evitare la formazione di IPA arrostendo le carni, occorre mantenere la temperatura della combustione non troppo alta, aumentando piuttosto i tempi di cottura e mantenere la carne più distante rispetto ai carboni roventi (nel caso di un barbecue) in modo da evitare che gli IPA si depositino sulla carne.

Gli IPA non si formano soltanto arrostendo la carne ma anche bruciando qualsiasi cosa con poco ossigeno. In questi casi non sono le molecole di grasso a riarrangiarsi per formare quegli esagoni pericolosi ma gli stessi componenti del combustibile.

Ecco perché qualsiasi combustione porta alla formazione di IPA e meno ossigeno c'é attorno al fuoco e più alta è la temperatura di combustione, più IPA si formano.

Questi IPA fanno parte di quel fumo nero che si alza dai fuochi di materiale organico, carbone, derivati del petrolio, pneumatici, plastiche (in questi casi si formano anche altre tipologie di composti pericolosi), legna e così via.

E dove vanno questi IPA? Fanno parte del fumo e quindi vanno dove li porta il vento e la legge di gravità, per cui prima o poi ricadono a terra e si depositano su erba, ortaggi, granaglie, piante e frutti di ogni tipo.

Le coltivazioni che si trovano accanto a impianti industriali (ma anche vicino a un'autostrada dove passano migliaia di macchine nei cui motori si brucia benzina o gasolio) sono dunque quelle che, potenzialmente, contengono la maggior parte di IPA, assorbiti durante la crescita.

Gli IPA si trovano, in percentuali molto alte, nel fumo di sigaretta ed infatti sono la causa principale della cancerogenicità del fumo di sigaretta (anche se nel fumo di tabacco si ritrovano anche altre sostanze cancerogene).

Fumare direttamente o respirare indirettamente fumo di sigaretta (o di sigaro o di pipa) significa dunque assorbire con la respirazione notevoli quantità di IPA.

Gli IPA si trovano nei fumi e dunque i prodotti alimentari affumicati, soprattutto se con metodi "all'antica", da questo punto di vista sono una fonte di IPA.

Oggi esistono metodi di affumicatura meno rischiosi, come le combustioni a temperatura più bassa, gli affumicamenti con maggiore distanza fra la fonte del fumo e i prodotti da affumicare e soprattutto l'uso del fumo liquido. In questo caso il fumo prodotto dalla combustione viene, con una serie di assorbimenti selettivi, privato dei composti IPA prima di venire in contatto con l'alimento da affumicare.

In questo modo il fumo liquido riesce ad impregnare gli alimenti dell’aroma di fumo ma non vi deposita sopra i pericolosi IPA. Anche il comunissimo fuoco contadino delle stoppie provoca una significativa produzione di IPA che, in genere, finiscono per depositarsi sulle coltivazioni più vicine o su quelle dove in quel momento le spinge il vento. Così come sono fonti di IPA gli incendi di foreste e, in misura importante, le eruzioni vulcaniche.

Insomma, dove c’è fumo e, soprattutto, fuliggine, lì ci sono queste sostanze così pericolose. Anche il fumo di candela è ricco di IPA e pertanto la moda abbastanza recente e del tutto inutile visto che ormai abbiamo eccellenti sistemi di illuminazione elettrica, è ricco di IPA e, almeno da un punto di vista tossicologico, le cene a lume di candela rappresentano un’esposizione agli IPA, anche se quantitativamente di gran lunga inferiore a quella che si assorbe mangiandosi una fettina di carne bruciacchiata.

Gli IPA una volta prodotti da qualsiasi fonte e dispersi nell’aria, si depositano anche sui vegetali che finiscono sulle nostre tavole e quindi, alla fine, possiamo assorbirli anche con cibo crudo. In alcuni casi se ne trova anche nell’acqua potabile. Il lavaggio della frutta e verdura per diminuire il loro contenuto di IPA è controverso: alcuni ritengono che questo elementare sistema sia efficace, altri invece lo contestano.

Dipende molto infatti dai sistemi di misura e dalle condizioni in cui si conducono gli esperimenti.

Di certo gli IPA non si sciolgono bene in acqua (preferiscono di gran lunga le sostanze grasse) per cui noi personalmente non manchiamo mai di sottolineare l’importanza di lavare sempre gli ortaggi, le verdure e la frutta con acqua e sapone, utilizzando per maggiore sicurezza anche una spugnetta abrasiva per i piatti (quelle con cui si lavano comunemente i piatti), capace di esercitare anche una certa azione meccanica di asportazione.

Anche molti alimenti essiccati finiscono per assorbire una certa quantità di IPA prodotti con la combustione necessaria a creare il calore dell’essiccamento, soprattutto se i sistemi sono primitivi, ovvero tenendo gli alimenti da essiccare vicini alle fiamme.

Questo può capitare ai semi degli oli vegetali che prima di essere spremuti vengono essiccati per eliminare l’acqua ma, fortunatamente, le successive fasi di raffinazione li bloccano.

Per raffinare gli oli vegetali, infatti, si usano solventi organici nei quali questi IPA si sciolgono molto bene.

Anche i cereali essiccati vicino a fiamme, possono ovviamente contenere gli IPA prodotti durante la combustione.

Quindi non è detto che negli alimenti gli IPA si formino soltanto con la cottura ma è certo che, nel caso delle carni arrostite, il rischio aumenta perché alle fonti esterne si aggiunge quella molto rilevante degli IPA prodotti a partire dal grasso che si scalda eccessivamente (i chimici dicono pirolizza).

Ma torniamo ai processi di cottura: quando cuociamo qualcosa alla brace o su una piastra rovente, qualunque sia la natura del cibo ma questa raccomandazione vale soprattutto i cibi che contengono grassi e dunque per le carni (anche i pesci, al di là di tradizioni culturali e religiose davvero bizzarre, sono fatti di carne) dobbiamo stare molto attenti a non far colare grasso, a non produrre fumo che poi si assorbe sull'alimento in cottura, a usare temperature più basse e tempi un po' più lunghi.

Anche il contenuto di grasso di una carne influisce sul quantitativo finale di IPA prodotti: carni più grasse danno origine a maggiori quantità di IPA.

Ma gli IPA si producono non soltanto nel caso di cotture alla brace o su piastre roventi ma anche nei forni : infatti temperature attorno ai 200 °C possono promuovere quelle reazioni di ricombinazione che abbiamo esaminato per grandi linee precedentemente e che danno origine agli IPA.

Questo è un ulteriore buon motivo per tenere basse le temperature di cottura nei forni e nel privilegiare i forni ventilati nei quali la più alta disponibilità di ossigeno sposta le reazioni di pirolisi verso quelle, meno pericolose, di ossidazione, almeno sulle superfici degli alimenti.

Anche con la frittura possiamo produrre IPA ma certamente la maggiore fonte di IPA è nella colatura del grasso animale sulla carbonella durante la cottura alla brace, IPA che volatilizzano e si depositano sulle carni sovrastanti.

Nel caso dell'arrostitura di pesci alla griglia, un buon sistema per limitare l'assorbimento degli IPA è quello di eliminare la pelle a fine cottura.

Qualche buongustaio arriccerà il naso perché sa che proprio nella pelle ci sono le sostanze più gustose ma noi pensiamo che la salute venga prima del piacere olfattivo e gustativo...

Gli IPA sono presenti, in quantità molto variabili, in quasi tutti gli alimenti, cotti e crudi. Questa presenza può essere dovuta a contaminazione ambientale (dall'aria o dal suolo contaminato), a processi di produzione, per esempio l'affumicatura tradizionale e a particolari tipi e condizioni di cottura, come abbiamo visto.

Per diminuirne l'assunzione giornaliera, oltre alla mai troppo raccomandata eliminazione del fumo di sigaretta, diretto o indiretto, si consiglia dunque di limitare l'assunzione di cibi affumicati o cotti nei modi in cui abbiamo visto, a ridurre se possibile, l'acquisto di prodotti alimentari freschi provenienti da zone in cui è nota un'attività inquinante di tipo industriale o veicolare di una certa rilevanza.

Per quanto riguarda gli arrosti, per ridurre l’assorbimento di IPA occorre moderare l'assunzione di cibi cotti alla brace o su griglie roventi, soprattutto in condizioni di elevata temperatura e scarso ossigeno.

Perciò se vi capita di andare in un ristorante dove dalla cucina si scorge troppo fumo nero, meglio chiedere un bollito…