oli di frittura - 2

Oli di frittura - 2° parte

Ovviamente le caratteristiche di un olio o di un grasso influenzano decisamente il modo in cui esso trasferisce calore all’alimento in frittura e il modo in cui essi degradano ad alta temperatura.

Queste informazioni sulla loro struttura sono dunque essenziali per capire come scegliere un olio adatto alle nostre fritture.

Intanto una prima conclusione che si può trarre dalla nostra carrellata sui trigliceridi è che non bisogna mai demonizzare un prodotto solo per sentito dire e mi riferisco esplicitamente alle campagne contro il povero olio di palma accusato di essere tremendo solo perché è ricco di un acido grasso insaturo, il palmitico, che si ritrova anche nei trigliceridi dell’olio di oliva o del burro.

Oppure avercela con i grassi di origine animale perché “cattivi” e pericolosi in assoluto e in questo caso ce l’ho con chi evita il burro come fosse il diavolo, mentre invece dovrebbe assumerne una certa quantità perché esso, oltre che buono, è anche prezioso perché contiene alcuni acidi grassi a catena corta che non si trovano da altre parti e che svolgono eccellenti funzioni nel tratto intestinale. Insomma, non mettiamoci i paraocchi e non facciamo crociate troppo semplicistiche perché finiremmo con il dire castronerie.

Ma allora qual è l’olio o il grasso migliore per friggere? La risposta non dipende solo dalla composizione acidica, anche se questa ha la sua importanza e quindi cominciamo da questa. Abbiamo già detto che, friggendo, un alimento assorbe fino al 100% in peso di olio.

Se si frigge in grassi ricchi di acidi grassi saturi (come l’olio di palma, il burro, lo strutto), l’alimento si ritroverà impregnato di questi e noi ne assorbiremo parecchio.

Per cui se per motivi sanitari, dobbiamo stare attenti al colesterolo, beh, è meglio non esagerare con questi grassi per friggere. Da questo punto di vista, dunque, sembrerebbe meglio affidarsi a oli che non a grassi e fra gli oli, a quelli poliinsaturi piuttosto che ai monoinsaturi, in modo da aumentare il più possibile l’insaturazione dei nostri acidi grassi. Insomma sembrerebbe, da questo punto di vista, che un olio di girasole, ricco di poinsaturi, sia meglio di un olio di arachide o di oliva, che a loro volta dovrebbero andar meglio dell’olio di palma, del burro o dello strutto…

Ma nella scelta del “miglior” olio per friggere non c’è da considerare solo il fattore composizionale, ma anche, anzi direi soprattutto, la sua capacità a degradarsi.

Abbiamo già parlato del famoso “punto di fumo” che è la temperatura a cui la glicerina si stacca dai suoi tre acidi grassi e, con l’ossigeno dell’aria e l’alta temperatura dà origine a un composto particolarmente tossico, l’acroleina. Il punto di fumo sarà dunque un buon parametro per scegliere un olio da frittura.

In questo caso occorre stare attenti perché da una parte non è facile misurare il punto di fumo e dall’altra non esistono due bottiglie d’olio di identica composizione, cosicché in giro si trovano in giro tabelle sul punto di fumo davvero strampalate.

Certamente più l’olio contiene doppi legami, ovvero più sono insaturi i suoi acidi grassi, peggio è per il suo punto di fumo.

I doppi legami, infatti, aumentano la reattività e quindi anche la reazione di degradazione di queste sostanze.

Dal punto di vista del punto di fumo, in sostanza, la scaletta con cui scegliere gli oli da frittura si inverte rispetto al criterio della salubrità in rapporto alla formazione di colesterolo: nel caso del punto di fumo infatti sarebbe meglio usare grassi solidi per friggere, che hanno punti di fumo più alti.

Ovviamente l’ideale è cercare un punto di equilibrio fra queste due esigenze e cercare un olio insaturo o ancor meglio poli insaturo ma con un alto punto di fumo.

Qualcuno potrebbe anche chiedersi: ma allora non converrebbe friggere a più bassa temperatura? Così non va in fumo nulla e potremmo usare anche gli oli poliinsaturi che sono più salutari rispetto alla formazione di colesterolo?

Il problema è che se si frigge a bassa temperatura, l’alimento si impregna maggiormente di olio e quindi alla fine se ne assorbe una quantità maggiore (e anche il sapore ovviamente ne risente!).

Abbiamo già visto che, se la temperatura è sufficientemente elevata, la parte più esterna degli alimenti in frittura cuoce subito, diventando più impermeabile all’ingresso di ulteriore olio.

Un altro elemento da considerare nella scelta scientifica di un bon olio per friggere è la sua purezza. Un olio vegetale o un grasso animale sono infatti miscele di trigliceridi ma contengono anche altre sostanze (i chimici, con un termine orrendo, parlano di frazione insaponificabile) fra cui una buona percentuale di acidi grassi liberi, non legati cioè alla glicerina per formare trigliceridi.

Ma ci sono anche altre sostanze ancora, come idrocarburi, vitamine, polifenoli, coloranti, glicerina libera o altri alcooli e così via. Intendiamoci: tutta roba “buona” che fa bene alla salute, ma che peggiora parecchio il punto di fumo.

Da questo punto di vista, per esempio, sarebbe opportuno scegliere un olio raffinato e quindi, nel caso dell’olio di oliva, non è detto che l’extra vergine (non sottoposto a raffinazione) sia la scelta migliore, almeno dal punto di vista del punto di fumo. Invece un olio di semi, che viene raffinato e quindi privato delle sostanze che non sono strettamente trigliceridi, dovrebbe quindi rappresentare, almeno da questo punto di vista, la scelta migliore.

Insomma, i fattori da considerare sono molteplici e non sempre spingono nella stessa direzione.

Occorrerà trovare allora un compromesso fra sapore dell’olio o grasso che resta impregnato sui cibi (e questo è un fattore soggettivo e di grande importanza, altrimenti potremmo friggere in paraffina liquida!), degradabilità dell’olio o del grasso misurato dal punto di fumo e infine anche il costo, che in ogni caso ha il suo peso, visto che comunque quando si frigge è meglio non riusare lo stesso olio per più fritture.

Come dicevamo un buon compromesso potrebbe essere un olio e non un grasso in modo da privilegiare gli acidi grassi insaturi ma non troppo insaturo, quindi non un poli insaturo come l’olio di girasole ma un mono insaturo come quello d’oliva o quello d’arachide.

A quel punto sarà il sapore dell’olio sul cibo e il costo a farci scegliere… in modo che ciascuno possa avere il miglior olio per friggere senza dover dare necessariamente ascolto al guru di turno ma usando un po’ di cervello. Che tra l’altro, fritto, non è male.